INDUSTRIAL LIES, at Dispari&Dispari Project, Via Monti 25, Reggio Emilia
Distopic visions of the progress in the immaterial-era.
Nenad Andric, Peter Bystrov, Health Bunting, Claire Fontaine, Armando Lulaj, Eva and Franco Mattes, Filippo Minelli, Kirill Preobrazhenskiy, Alessandro Zuek Simonetti, Ubermorgen, Alterazioni Video, Yesmen.
Curated by Giovanni Dedonà.

INDUSTRIAL LIES. VISIONI DISTOPICHE DEL PROGRESSO NELL’ERA DELL’IMMATERIALE
Questa non e’ una mostra rappresentativa di un qualche genere o corrente, gli artisti qui presenti non cercano di confluire in una categoria seguendo quel processo di segmentazione dell’arte contemporanea in linea con le richieste di mercato. INDUSTRIAL LIES pone piuttosto al centro del discorso l’operazione di accostamento di soggettivita’ artistiche formatesi attraverso percorsi diversi, a volte affini, a volte distanti nelle modalita’, ma ad ogni modo vigili, critiche e disilluse. Tale accostamento non consiste dunque in uno sterile avvicinamento, bensi’ diventa produttore di un discorso caleidoscopico che affronta la condizione contemporanea operando lo smascheramento attento di suoi vari frammenti figli del mito del progresso e del miraggio di un benessere diffuso ed indiscusso che esso avrebbe dovuto portare. I protagonisti di tale operazione sono giovani artisti internazionali figli di una generazione che ha comunemente vissuto più o meno prossimamente in eta’ adolescenziale degli avvenimenti che avrebbero cambiato il mondo in modo drastico e irreversibile come la Perestrojka, la caduta del muro di Berlino, della cosiddetta “cortina di ferro”, e che e’ cresciuta intensificando le proprie relazioni internazionali tramite i media digitali. Alcuni di loro vengono infatti dalla Net-Art e ne sono stati profeti e cofondatori, certi si riferiscono piu’ specificamente agli ideali macinati dalla politica, anche se in modi e con linguaggi diversi, altri invece vengono dalla Street Art ed hanno subito una deriva concettuale, oppure realista con uno sguardo al sociale espressa tramite il mezzo fotografico, mentre altri ancora “Concettuali” lo sono sempre stati per attitudine. I mezzi utilizzati non sono funzionali alla costituzione di una piattaforma stilistica bensi’ asservono al concetto tematico di base sul quale gli artisti si confrontano, concetto che porta il segno della consapevolezza della compenetrazione inscindibile di economia e politica, del rapporto circolare soggetto-mondo intensificato dall’uso dei media digitali, della possibilita’ della rottura, del malfunzionamento, del conflitto, della realizzazione attuale e drammatica della profezia futurista che vedeva la guerra come volano del mondo, dell’avvento dell’economia di mercato globale, del turbocapitalismo cinese che sostiene il debito pubblico americano, della speculazione economica, della crisi energetica dietro l’angolo alla vigilia dell’inaccessibilita’ dei costi delle risorse fino a quelle primarie, in una cornice di sostenibilita’ dello sviluppo sempre piu’ fragile mentre si ode qualcuno che nel frattempo bussa alle porte dell’Impero. Il focus di questa mostra e’ come una banchina che si affaccia sull’oceano delle possibilita’ del contemporaneo, al quale sono attraccati vari tipi di imbarcazioni, i cui abitanti si trovano a condividere le proprie storie su mari spesso lontani e le proprie visioni spesso non troppo distanti. Essa rappresenta di per se’ la creazione di un network, che esprime in quanto sistema sinergico di interrelazioni tutta la sua potenza.

Giovanni De Donà New York, 30 marzo 2008